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Non ho voluto solo fare una semplice cronostoria della sua pur incredibile attività alpinistica.
Chiaramente delle sue vie o dovuto parlare. Soprattutto delle solitarie al Dru e alla nord del Cervino. Due salite visionarie e in netto anticipo sulla storia dell’alpinismo.
A proposito del Dru così scriveva Doug Scott sul suo bellissimo libro “le Grandi pareti” :
[b]”questa scalata rimane senz’altro, per concezione e realizzazione, una delle più belle imprese alpinistiche di ogni tempo”.
[/b] Ho cercato soprattutto di spiegare, secondo me, quale era il concetto di alpinismo di Bonatti.
Un alpinismo fatto di sogni, di avventura. Di sogni nati leggendo i libri di J. London. di Melville, di Stevenson.
Un alpinismo estremo ma sempre tradizionale, classico. Dove l’impossibile va affrontato, magari vinto ma non eleminato. Un alpinismo romantico, dove l’elemento umano è nettamente preponderante su quello tecnologico.
Dove si affrontano le cime di difficili per le pareti più estreme ma sempre lungo una linea logica, indicata dalla natura, senza forzare a tutti i costi.
Perché come lui stesso diceva: “l’impossibile ha un senso e un merito se lo affronti e magari lo vinci; perde invece significato se invece lo demolisci”
Spero di esserci riuscito e di avervi accontentato e soprattutto di non avervi annoiato troppo
Bonatti è stato un uomo di avventura in tutti i sensi. Anche dopo aver abbondonato l’alpinismo estremo dedicandosi alle esplorazioni.