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Colognora è un borgo magnificamente conservato, con case in pietra che risalgono tutte al XVI secolo: inoltre ospita un bellissimo museo, il Museo del castagno, per cui merita senza dubbio una visita. Si trova in Val di Roggio, nel comune di Pescaglia, provincia di Lucca: è raggiungibile dalla frazione di Diecimo (così detta perché si trova a dieci miglia di distanza da Lucca), situata lungo la statale che da Lucca conduce in Garfagnana. Giunti a Decimo si seguono le indicazioni per Pescaglia e dopo pochi km. sulla destra si vede il cartello stradale che indica Colognora che, posta a 600 m. s.l.m., domina la Val di Roggio. Come già detto, il paese è magnificamente conservato: le case in pietra sono unite fra loro da lunghe volte e i palazzi presentano archi, architravi, e porte e finestre corredati di cornici in pietra arenaria. Il paese viene citato per la prima volta in un documento del 29 agosto 828 quando Alirando del fu Aliperto, insieme ad altri beni, donò alla chiesa di S. Stefano a Villa Roggio, da lui fondata, una casa a Colognora sopra Roggio e una selva di castagni, sempre in Colognora, nel luogo detto Praccle. Fino dall’Alto Medio Evo, e probabilmente fino dall’epoca romana, a cui il paese deve il nome (Colognora deriva da coloniola, cioè piccola colonia) il borgo era circondato da selve di castagni. Questo paese, rimasto praticamente immutato nei secoli, era un borgo fortificato e ancora sono visibili molti tratti delle vecchie mura: le strade sotto tutte fatte a ciottoli e le abitazioni che vi si affacciano denotano ancora la signorilità che un tempo le caratterizzava. Al centro del paese si trova la chiesa dei SS. Caterina e Michele, che risale al XVI secolo, sorta sopra un antico oratorio, nella quale si trovano un tabernacolo del Civitali, una acquasantiera in pietra ricca di decorazioni e vari affreschi dello stesso periodo, oltre all’opera più importante che consiste nella pala absidale raffigurante la Madonna col Bambino tra alcuni santi, che risale al XVI secolo. All’ingresso del paese, accessibile solo a piedi, si trova in un antico palazzo il bellissimo Museo del castagno, dedicato alla pianta che fino alle metà del XIX secolo era il perno centrale di tutta l’economia della Val di Roggio. |
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Infatti anche a Colognora il castagno è stato la principale fonte di sostentamento: il museo, nato su iniziativa della signora Angela Frati nel 1985, è stato inizialmente ospitato nei locali della parrocchia, per essere poi trasferito nei locali che attualmente lo ospitano. Il Museo del castagno. è articolato in diverse sezioni, dal ciclo sull’alimentazione del legno, al ciclo sull’alimentazione e alla carbonaia. Il ciclo sull’alimentazione del legno è disposto sulle prime tre stanze: 1’ stanza – nella prima stanza si trovano gli attrezzi per abbattere e sezionare l’albero e l’attrezzatura per ridurre in piccole parti la legna da ardere. E’ poi visibile la ripartizione del tronco in tavole tramite l’antico sistema dei "segantini" (di notevole interesse il tipo di sega, tesa fra un telaio di legno a struttura rettangolare e già usata in epoca romana). Sempre nella prima stanza è possibile vedere l’estrazione del tannino un prodotto del castagno utile per vari usi, ma in particolare indispensabile in conceria per ridurre la pelle animale in cuoio. Sono poi esposte alcune ceste realizzate in legno di castagno. La seconda stanza raccoglie gli attrezzi che servono per fare il carbone (nel percorso in selva, presso la capanna di paglia è visibile una carbonaia). C’è poi la ricostruzione della bottega del fabbro con esposizione di chiavistelli e quant’altro serviva al falegname e al bottaio, nonché gli attrezzi da taglio (accette, roncole, falcetti, ecc..) indispensabili al contadino e al boscaiolo. Nella terza stanza è stata ricostruita la bottega del falegname con attrezzatura completa. Molto raro l’ingegnoso tornio a frusta o "pertica". Sul soffitto del locale infatti è posto un bastone lungo ed elastico, alla cui estremità è fissata una fune che, scendendo, fascia con due o tre giri l’asse da tornitore. Sotto il banco la fune è fissata ad un pedale sul quale, facendo forza con il piede, si fa ruotare il pezzo da tornire. Il ciclo sull’alimentazione è raccolto nelle quattro stanze successive: nella stanza numero quattro l’esposizione inizia con gli attrezzi che servivano alla potatura dei castagni e alla ripulitura della selva per prepararla alla raccolta dei frutti. Dopo la raccolta le castagne venivano essiccate nel metato dal calore e dal fuoco, soffocato sotto la "pula" dell’anno precedente. Il fuoco rimaneva ininterrottamente acceso per 20/30 giorni. Seguiva la battitura e la ventilazione per separare le castagne dalla buccia ("pula"), quindi la molitura, ben rappresentata dalla collocazione in museo di un mulino originale. Sull’esterno da notare la presenza degli strumenti che per azionare il mulino trasformano l’acqua in forza motrice. Segue, nella stanza 5, la rassegna dei vari contenitori "suppidiani" che servivano alla conservazione della farina (tronchi di castagno svuotati, cassoni fatti a mano, contenitori medievali scavati nel macigno). Nella suddetta stanza sono esposti anche vari sistemi di pesi. La piccola stanza n. 6 adibita a dispensa e vi sono angoli riservati per la pastorizia e la macellazione del maiale, che va dall’insaccatura ai metodi di conservazione ("bigoncio in castagno", "pile di pietra"). |
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Nell’ economia del luogo pecora e maiale costituivano due risorse complementari alla ricchezza di base fornita dal castagno. Il ciclo sull’alimentazione si conclude nella stanza n. 7 dove si trova la vecchia cucina con il rito dell’utilizzo della farina dolce (di particolare interesse sono i testi in pietra per fare i "necci"). Il Tannino – Il tannino contenuto nel legno di castagno (Castanea sativa) viene utilizzato per produrre l’estratto di castagno, il primo estratto tannico fabbricato industrialmente nel mondo. L’estratto di castagno si ottiene trattando con acqua calda in controcorrente il legno di castagno preventivamente sminuzzato. I succhi, o brodi, così ottenuti sono poi inviati a sedimentare in grandi vasche dove, con mezzi idonei, si ottiene la separazione delle impurità in essi contenute. Si procede quindi alla loro concentrazione ed atomizzazione. Mediante opportune variazioni dei cicli di produzione si ottengono estratti con le caratteristiche richieste dal mercato. L’utilizzo principale dell’estratto di castagno è per la concia delle pelli. Per concludere la rassegna mussale è bene ricordare che nelle occasioni più importanti, nel bosco attiguo al paese viene allestita la carbonaia: si tratta di una costruzione particolarissima, formata da tanti pezzi di legno disposti a cupola e ricoperta con foglie bagnate, terra e zolle erbose. E’ destinata alla carbonizzazione del legno dolce (castagno) o forte (faggio, quercia). ( NB Notizie tratta dal sito del Museo del castagno di Colognora.) Dal Dizionario Corografico della Toscana scritto dal cav. Repetti apprendiamo alcune notizie su Colognora: questo dizionario è stato pubblicato nel 1855 e tratta della nostra regione e di tutti i suoi luoghi, fiumi, montagne, ecc. in rigoroso ordine alfabetico e con grande approfondimento. Il linguaggio è quello di 150 anni fa (siamo ancora nel Granducato di Toscana) ma affascina ancora oggi. |
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Colognora, già Colonia in Val di Rogio nella Valle del Serchio – E’ una terza contrada che porta lo stesso nomignolo, e che ha per titolare della sua chiesa parrocchiale anch’essa S. Michele, nel piviere di Diecimo, comune, giurisdizione e circa miglia 3 a levante di Pescaglia, diocesi e già ducato di Lucca. Siede sul dorso di un contrafforte orientale dell’Alpe Apuana che scende per Pescaglia nella direzione di ponente – levante verso la ripa sinistra del Serchio, fra il torrente Padogna che scorre al suo ostro e la fiumana di Torrita Cava che ivi ci precipita dal lato di settentrione. Probabilmente era questa la chiesa di S. Michele in Colonia di patronato dei vescovi di Lucca, della quale fecero menzione due carte lucchesi, una delle quali del luglio 760 scritta in cotesto Vico di Colonia e l’altra del 30 aprile 804. Nella prima di esse parlasi della fondazione di cotesta chiesa di S. Michele in Colonia fatta dal vescovo Peredeo e nella seconda dell’investitura di detta chiesa, data dal suo successore vescovo Jacopo di Lucca. Questa parrocchiale di S. Michele a Colognora, già a Colonia, nel 1844 contava 478 popolani. |