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La Pania della Croce (m. 1859) è la regina delle Apuane tanto che un tempo questa catena montuosa veniva identificata come Panie dal nome della sua montagna più nota, mentre l’attuale denominazione di Alpi Apuane è stato assegnato al gruppo montuoso solo in età napoleonica: un tempo la Pania veniva chiamata "Pietrapana" in quanto questi monti erano stati abitati per nove secoli dagli Apuani, una tribù ligure e la catena montuosa, ma soprattutto la sua vetta per eccellenza, aveva preso il nome da questi antichi abitatori "Pietrae Apuanae", cioè monti degli Apuani. Perfino il Boccaccia nel suo "De Montibus" ricorda la Pania come "Pietra Apuana Mons" e Dante nel canto XXXII dell’Inferno della Divina Commedia nei versetti 28/30 quando parla del ghiaccio che ricopre il lago di Cocito dice che era così spesso "…che se Tambernicchi vi fosse caduto o Pietrapana, non avrìa pur dall’orlo fatto scricchi" dove per Tambernicchi si intende il Monte Tambura e per Pietrapana la Pania alla Croce; e Ludovico Ariosto, governatore della Garfagnana per conto degli Estensi dal 1522 al 1525, afferma: "La nuda Pania tra l’Aurora e il Noto, da l’altre parti il giogo mi circonda che fa d’un Pellegrin la gloria noto". |
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Tra i primi scienziati e personalità importanti a salire sulle pendici della montagna vetta ricordiamo il botanico Bacone nel 1600, il naturalista e medico Antonio Vallisneri, nativo di Trassilico paese della valle della Turrite di Gallicano, che nel 1705 la definì "Un monte asprissimo, sterile, nudo, noto appena alle fiere" (tanto per avere un’idea di cosa si pensasse a quei tempi!), l’abate Leonardo Ximenes, geografo, matematico e fondatore dell’osservatorio astronomico fiorentino a lui intitolato (l’Osservatorio Ximeniano), nel 1747 raffigurò in una incisione in rame la neve da lui osservata nella Buca della Neve della Valle dell’Inferno, Augusto di Sassonia che tenta di salirvi nel 1853, Utterson Kelso nel 1871 e l’inglese Douglas W. Freshfield" che vi sale nel 1883 e in un "Alpin Journal" cita la meravigliosa esperienza fatta nel mese di maggio di quell’anno salendo in vetta alla montagna. |
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Fatta questa doverosa premessa diciamo che il nostro itinerario ha inizio dal valico di Fociomboli (m. 1260) cui si giunge dal Passo Croce (m. 1160): per giungere a questi due passi si percorre, dopo Querceta e Seravezza la strada di fondovalle del Serra e in località Ruosina si svolta a sinistra per salire lungo la rotabile del Cipollaio lungo una strada sulla quale una volta passava il trenino dei marmi che dalla zona di Arni portava i blocchi ai moli caricatori attraversando la galleria del Cipol laio. La strada di inerpica lungo le pendici meridionali del Corchia fino a raggiungere il paese di Levigliani (m. 582), borgo di cavatori e meta ideale per raggiungere sia il Corchia che la Pania attra verso il caratteristico sentiero a tornanti molto conosciuto detto "Le Voltoline"; dopo Levigliani la strada sale lasciando a sinistra il bivio per Terrinca (m. 517) mentre noi, poco dopo il bivio, svoltiamo a destra per una larga strada asfaltata che risale le pendici del Corchia (m. 1677) attraversando una zona chiamata Pian del Lago fino a giungere ai 1.160 m. del Passo Croce dove si apre uno stupendo panorama su varie vette della catena apuana. |
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Da qui parte a destra la camionabile per le cave del Corchia mentre noi lasciamo l’auto e proseguiamo a sinistra a piedi lungo la strada che ora è sterrata e anche disagiata passando proprio al di sotto dei Torroni del Corchia, dove non è raro vedere rocciatori impegnati in qualche scalata, fino a giungere al valico di Fociomboli (m. 1260) (in circa ½ h), posto fra il Freddone (m. 1487) e il Corchia: dal valico si può andare sul Freddone, sul Corchia, a Foce di Mosceta, alla torbiera di Fociomboli, ai bei prati terrazzati del Puntato e al paese abbandonato di Col di Favilla. Prima di proseguire con l’itinerario vale la pena di spendere due parole sulla torbiera di Fociomboli, vasta conca prativa acquitrinosa (circa 10.000 mq) circondata da una faggeta e attraversata da piccoli ruscelli con il fondo formato da rocce impermeabili. |
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Si tratta, in sostanza, di un residuo di un laghetto glaciale che costituisce l’unica zona umida delle Apuane, ricca di specie particolari come le orchidee (Gymnadenia conopsea, Dactylorrhiza incarnata) e l’Equisetum palustre. Da Fociomboli si percorre sulla destra un breve tratto della camionabile di retro Corchia fino a notare sulla sinistra i segnali di un sentiero (CAI n. 129) che entra subito nella faggeta e che ci porta in circa 45 minuti alle splendide praterie di Foce di Mosceta (m. 1180) dove si trova il rifugio "Del Freo" (m. 1195) del CAI di Viareggio, sicuramente uno dei rifugi più noti delle Apuane: è interessante sapere che il rifugio, inaugurato il 28 maggio1950, si chiamava "Pietrapana" e il luogo idoneo alla costruzione fu indicato ai soci del CAI da Lorenzo di Cardoso, colui che insieme alla moglie Angela abitava in una casetta chiamata "Il Cantuccio" in località Cima alla Ripa, casetta che esiste ancora oggi e che porta sopra la porta d’ingresso la foto dei due coniugi con un vasetto di fiori e la scritta "Angè e Lorè regina e re". |
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Si perché fino al 1945 i montanari, fra cui il professor Giuseppe Del Freo presidente del CAI di Viareggio a cui sarà poi intitolato il rifugio, che si recavano sulla Pania e nelle zone circostanti avevano come base la casa di Collemezzana dove il Nonno Angelo Bartolucci (il Nonno della Pania) li ospitava (vedi itinerario Collemezzana): morto il nonno, ucciso dai tedeschi il 10 aprile 1945, si ebbe la ne cessità di trovare un luogo idoneo a costruire un rifugio e fu Lorenzo a indicarglielo; questo episodio mi è stato raccontato dal mitico Agostino Bartolucci, nipote del Nonno, che ora risiede saltuariamente a Collemezzana e di cui mi onoro di essere amico. Dal rifugio seguiamo il sentiero CAI n. 126 che si dirige alla vicina Foce di Mosceta (m. 1182) e comincia a salire in diagonale sulla sinistra il pen dio della montagna fino a pervenire a quota 1407 al ripiano delle Gorfigliette dove si trova una piazzola per l’atterraggio degli elicotteri di soccorso. |
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Si continua poi a destra e a sinistra lungo il pendio su un tratto più erto attraversando un breve canale e giungendo ad una zona più dolce detta Il Tavolino per poi risalire seccamente fino a sbucare al Callare della Pania, quota 1745, dove ci si può affacciare sul versante garfagnino. Da qui parte a sinistra il sentiero per il Pizzo delle Saette (m. 1720) e, mentre il sentiero 126 procede verso il Rifugio "Rossi", noi prendiamo a destra il sen-tiero di vetta che prima incontra la Spalla settentrionale (m. 1835) , poi l’antecima nord (m. 1854) e infine perviene a quota 1859 in vetta alla Pania alla Croce, la regina delle Apuane, dove ci attende la grande croce: sono passate circa 2 h. dalla partenza dal rifugio "Del Freo" e 3 h. e 15 m. da quando abbiamo lasciato il Passo Croce. Da qui il panorama è stupendo e spazia dalla Versilia fino a tutta la catena appenninica e a tutte le vette delle Apuane e, tempo permettendo (come mi è capitato), fino alle Alpi Liguri. |
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Dalla vetta della Pania, come detto, si gode di un panorama fra i più belli che sia possibile ammirare: la Pania Secca, il Corchia, la Riviera della Versilia, le vette della catena Apuane sono di fronte a noi e quello che vediamo non si può descrivere, bisogna venire qui e constatare di persona. Dopo aver sostato sulla vetta della regina delle Apuane possiamo intraprendere il percorso inverso che ci porterà in circa 2 h. 45 m. al punto di partenza del Passo Croce; si può pertanto dire che l’intero itinerario richieda circa 6 h. di cammino. Un’ultima annotazione: le tre foto storiche che accompagnano questo itinerario sono tratte dal volume "Apuane: tra memoria e sogno" di Marco Lapi e Fiorenzo Ramacciotti (gli stessi che hanno scritto "Apuane segrete") edizioni Labirinto che, come tutti i libri e le cartine di montagna, è possibile acquistare dai miei amici Diva e Roberto Marotta della libreria "Stella Alpina" di via Corridoni a Firenze tel. 055 / 411688 sito internet www.stella-alpina.com, la più grande libreria d’Italia per la montagna. |
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Inaugurazione del rifugio del Freo 28 maggio 1950 |