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Isola Santa – Campocatino Come già precedentemente accennato, questa variante bassa permette di raggiungere Campocatino evitando la salita al M. Sumbra, idea da non sottovalutare soprattutto in caso di forte maltempo. Abbiamo scelto Campocatino come posto tappa anche se nulla vieta all’escursionista di pernottare al paese di Vagli che offre un paio di soluzioni, oppure, chiudere addirittura il trekking a Careggine, con una ulteriore variante che si stacca da Maestà del Tribbio. Prima di prendere in considerazione l’ipotesi di sosta a Campocatino è però bene informarsi sulle possibilità di pernottamento, in quanto l’unica struttura presente ad oggi conduce vita singhiozzante. |
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La descrizione dell’itinerario coincide con la precedente fino a Capanne di Careggine, comunque, una volta nei pressi della struttura ricettiva “da Giaccò” ad Isola Santa, occorre imboccare il sentiero di fronte che s’inserisce all’interno di un rigoglioso castagneto, in parte misto a felci e tracce di macchia mediterranea. Oltrepassati un rudere ed una cappelletta dedicata a San Rocco, il percorso confluisce nello stradello che passa fra le case situate più in basso del complesso di Capanne di Careggine (m. 840), (foto 1) che mostra alle sue spalle lo scenario alpestre costituito dal gruppo Pania. Una volta giunti sulla rotabile che accede al paese, si trascura ovviamente la segnaletica dell’itinerario 145 e si volta a destra sull’asfalto con rotta fissa a nordest. |
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Accompagnati da un’ottima vista panoramica sul gruppo Pania, con in evidenza il profilo erboso dell’Uomo Morto (su cui appoggia il Rifugio Rossi), ci si dirige verso il salto del prolungamento roccioso che digrada dalla Costa del Giovo. Lungo questo tragitto s’incontra un’edicola votiva in pietra dedicata a San G. Bosco, (foto 2) sistemata qualche decina di metri prima del Passo di Scala (m. 773), dove si mostra impressionante lo strapiombo che precipita verso il fondovalle boscoso della Turrite Secca con un salto verticale di almeno trecento metri (in basso si notano le casette di Pizzorno). Sul fronte del dente roccioso che si pone a lato della strada (foto 3) (altro non è che un residuo della spaccatura artificiale della montagna resasi necessaria per l’apertura di questo collegamento stradale tra Capanne di Careggine e l’omonimo Comune), viene ricordata la Madonna e, con una targa, l’anno in cui (1987) iniziarono i lavori per la preparazione della stessa strada che nel 1993 si presentava ancora sterrata. |
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Nel retro di questo scoglio è inoltre possibile notare una seconda lapide posizionata alla memoria del partigiano Adriano Tardelli detto “il Baionetta” che, in tempo di guerra, guidò decine di persone in salvo oltre la Linea Gotica. Proseguendo sulla strada s’incontra poco più avanti un’altra edicola votiva con targa ricordo del 1988 posta da fratello e sorella alla memoria dei genitori, quindi, cinquecento metri più avanti, ecco una terza maestà con seduta in pietra antistante e con all’interno una marginetta con dedica alla memoria di Luigi Antonio Tarabella, appassionato della montagna apuana prematuramente scomparso negli anni novanta del XX secolo. Proseguendo si perviene ad un bivio stradale, dove si trascura a destra la carrozzabile che scende allo stabilimento della Fonte Azzurrina, quindi, dopo circa tre chilometri di asfalto sopportati da Capanne di Careggine, occorre fare molta attenzione a ricercare a sinistra i segnavia che deviano all’altezza di una baracca in una traccia che va ad infilarsi all’interno di un castagneto. |
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Comincia ora una salita abbastanza sostenuta e dal punto di vista tecnico o grafico piuttosto inutile giacché, in un seguito non troppo lontano, si dovrà tornare sulla carrozzabile appena lasciata. Questo però non significa ignorarla poiché consentirà comunque di farci conoscere da vicino una minuscola borgata del comune di Careggine. La faticosa salita nel bosco (fianco orientale del M. Grotti) ad un certo punto supera una capanna con riparo e perviene in breve dinanzi ad un ripiano su cui poggiano piante da frutta (in particolare fichi e ciliegi) ed arnie per la raccolta del miele (in paese si troverà una rivendita). Raggiunte le prime case di Colli di Capricchia (m. 924), si volge a destra nei pressi della chiesetta a costeggiare ancora orti ed abitazioni per lo più chiuse. Da questo minuscolo nucleo, abitato solo da anziani che qui storicamente hanno messo radici, si esce per Via della Nocerella (foto 4) (fonte nei pressi), ove ci s’immette nella carrozzabile di accesso al paese. Oltrepassati i lavatoi, si ricerca alla prima curva a destra la mulattiera che torna nel castagneto e senza mai piegare a destra ai numerosi bivi che s’incontrano (sono false tracce che si perdono nel castagneto), si arriva in breve tempo nei pressi di una recente costruzione che dà sulla strada asfaltata da noi lasciata dopo il bivio per lo stabilimento della Fonte Azzurrina. |
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Attraversata la carrozzabile (la si rincontrerà un’ora più tardi), si prende immediatamente di fronte la comoda mulattiera che ritorna nel castagneto, (foto 5) esattamente sul fianco occidentale (destro orografico) della boscosa valletta di Capricchia, dominata sul versante opposto dallo spoglio M. Castellaccio. Assai comodamente, all’interno del rigoglioso castagneto, si perdono poche decine di metri di quota, quindi, ad una biforcazione, occorre deviare per una pista secondaria a sinistra che velocemente porta al guado di un importante affluente del Fosso di Capricchia che nasce dal versante settentrionale del Monte Grotti. Attraversato il torrente su un ponticello in sasso, si compie una breve risalita e si torna a camminare con passo comodo e veloce. Più avanti si passa accanto ad una maestà con marginetta marmorea a due sezioni in cui appaiono S. Rocco e la Madonna delle Grazie (posero Palmiro e Bettina Pierotti nel 1923). |
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Lo scavalcamento per mezzo di un ponticello in legno di un secondo affluente del Fosso di Capricchia è il preludio del posto tappa intermedio di Capricchia (m. 817), località a dir poco curiosa perché priva di abitazioni fatte eccezioni le case che costituiscono il prolungamento della grande chiesa presente con il distaccato campanile. Infatti, Capricchia è tutta qui, (foto 6) una chiesa allacciata ad una corte abitativa ed alla canonica, un campanile, uno spazio circostante con margine erboso ed una fonte, poi… il bosco. Come già accennato la località costituisce posto tappa intermedio GT (anche se ufficialmente è addirittura considerato posto tappa primario). Infatti, per chi proviene dalla Pania della Croce e non intende fermarsi al Rifugio del Freo o ad Isola Santa questa è l’unica alternativa possibile prima di Vagli. Il problema sta però nel fatto di raccogliere le necessarie informazioni sull’apertura e sulle condizioni dello stabile preposto per il pernottamento; inoltre c’è pure il problema delle vivande in quanto sia a Capricchia sia alla vicina frazione di Porreta non esistono negozi e la sola possibilità nel reperire il cibo è legata alla bontà dei paesani. |
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L’edificio per il pernottamento si trova ad una cinquantina di metri sulla carrozzabile d’accesso alla chiesa. (foto 7) All’inizio di questo tratto di strada si trova pure una deviazione a destra che in una quindicina di minuti scende al rifugio privato Pian dei Mulini, la cui apertura ed efficienza è però tutta da verificare. Il GT prosegue o sulla strada dal posto tappa o per un segmento di sentiero che si diparte a sinistra della chiesa (ad oggi [2005] ristrutturata) e che risparmia l’ampio tornante stradale. Senza deviare per il cimitero, esso imbocca sulla sinistra una stradina asfaltata che corre fra i castagni e che attraversa lo stesso fossato guadato sul ponte di legno prima di Capricchia. Con molta attenzione alla segnaletica occorre ad un certo punto deviare a destra su un viottolo che risale un pendio incerto e che confusamente va a confluire su una mulattiera ben più marcata. |
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Assieme ad essa si sale velocemente ad una casa ed alla vicina rotabile che s’era percorsa da Capanne di Careggine e che qui prosegue per Careggine e Castelnuovo Garfagnana. Ci si trova di fronte ad un’azienda agricola specializzata nella lavorazione della farina di castagne e nella confezione di prodotti di sottobosco; nei pressi alcune scalette portano alla strada asfaltata di sopra, assieme alla quale si procede fino ad arrivare in Piazza Pierotti a Porreta (fonte), (foto 8) piccolo nucleo abitato da poche anime, ma che comunque vive in splendida armonia con i luoghi che lo circondano. Seguendo sempre la strada, si passano le ultime case ed una cappelletta prima di raggiungere il suo termine nei pressi di una curva, dove a sinistra il GT s’insinua in una carrareccia. |
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Oltrepassata una fresca fonte sistemata su un casottino dell’acquedotto, si fa improvvisamente ingresso in una rigogliosa faggeta ad alto fusto in cui s’elevano esemplari secolari. Dopo un buon pezzo di carrareccia, si prende con attenzione a destra un viottolo non molto evidente che si diparte all’altezza di una curva a ferro di cavallo. Attraversato un fosso asciutto e degustate le fragoline di stagione che qui affiorano copiosamente, si sbuca in un campo erboso in cui si perdono completamente le tracce. Occorre anzitutto tenersi a prima a sinistra e ricercare poi a destra, sul pianoro superiore (piante di ciliege nei pressi), le capanne di Valbona (m. 1.070 circa), (foto 9) dietro le quali riprende l’ottima mulattiera solcata dalle ruote di mezzi agricoli. |
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Più avanti il tracciato si allarga ulteriormente ed è oramai prossimo al nodo orografico di Maestà del Tribbio (m. 1.157), (foto 10) crocevia essenziale per decidere sul come proseguire il Garfagnana Trekking. A parte la sterrata di destra che proviene da Vianova, a Maestà del Tribbio si trova l’allacciamento GT che sale da Careggine (sentiero che risale a destra verso il M. Porreta), un’altra sterrata a diritto e la variante GT per il Monte Sumbra, quella cioè che, sempre su sterrata, conduce in un’oretta circa al Colle delle Capanne, punto raggiunto con il nostro itinerario principale da Capanne di Careggine. Per scendere a Vagli è necessario imboccare quest’ultima sterrata, ma nello spazio di pochi metri occorre abbandonarla per piegare a destra su una mulattiera che si accinge a discendere il bosco. |
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Tra rami secchi e ricco fogliame caduti a terra, si compiono una serie di svolte che vanno a sfiorare il solco della nuova valletta del Tassetora. In costa al M. Porreta, si cala comodamente ed al fresco, almeno fino al primo attraversamento del fosso, oltre il quale il percorso cambia aspetto divenendo ripido e brullo. Dopo un breve tratto che resta alla sinistra idrografica del Tassetora, si piega improvvisamente a destra a riattraversare il corso d’acqua in un punto che un tempo conservava l’opportunità di fare rifornimento idrico, (foto 11) oggi purtroppo, per cause a noi sconosciute, completamente rimosso. La discesa si mantiene abbastanza ripida e corre su una mulattiera più spaziosa che resta alla destra idrografica del torrente. Più in basso, si perviene ad un trivio, dove occorre piegare a sinistra per riattraversare il Tassetora. |
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Man mano che si procede si aprono radi spazi tra la boscaglia, mentre la mulattiera viene assorbita da una carrareccia ciottolosa. Con essa ci si porta verso le sperdute capanne di Metati e Rio, in parte nascoste dalla ricca vegetazione selvatica che ha nuovamente cambiato aspetto al bosco. Trascurata a destra una diramazione, il GT confluisce in un ampio sterrato, e procedendo su questo in discesa, arriva a toccare i casolari del minuscolo pascolo di Vaiano, (foto 12) praticamente alle pendici occidentali del M. Torre. Alla biforcazione che segue, ci si tiene a destra (nuovo attraversamento del fosso) e con andatura pianeggiante si comincia la lunga tratta che ci collegherà a Vagli. Senza deviare dallo stradello principale, ci si accorge improvvisamente delle verdi acque del Lago di Vagli, proprio nei pressi del sorgere di un’edicola che ricorda la triste sorte del quattordicenne Flaviano Trombi, scomparso nel lontano 1963. |
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Lungo il cammino è impossibile non accorgersi delle imponenti presenze del M. Sumbra (la sfinge), del paesino storico di Vagli di sotto adagiato sul cocuzzolo di un colle, del M. Roccandagia e di una porzione del M. Pisanino. (foto 13) Ogni tanto la sterrata si affaccia sulla lingua meridionale del lago, quella alimentata dalle vallette del Lussia e del Canale Secco, ma il momento più particolare, certamente quello più atteso, è quello relativo all’attraversamento del lago stesso per mezzo di un alto ponte in cemento largo non più di due metri e lungo più di cento. Il momento è davvero emozionante e si apprezza ancor più se si resta a contemplare da una parte (nord) la biforcazione del lago e dall’altra (sud) la mole del Sumbra che fa da sfondo al lago. (foto 14) Al termine del Foto 15 ventilato ponte, si supera una maestà mentre, più avanti, se ne incontra un’altra commemorativa della scomparsa di Rita e Rosanna Bordigoni, due ragazze neppure ventenni perite tragicamente nelle acque del lago nel 1962. |
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Il Lago di Vagli, di origine artificiale (1947), situato alla testata del solco fluviale dell’Edron, è la principale causa della condanna all’inabissamento, e quindi alla scomparsa, del paese di Fabbriche, antico borgo che ricorda la lavorazione del ferro, un tempo assai in uso da quelle parti. Infatti, la storia ci racconta che il paese era abitato quasi totalmente da discendenti di fabbri bresciani immigrati in Garfagnana a partire dal XIII secolo. Ogni dieci anni, cioè nel periodo in cui viene effettuata la manutenzione alla diga, il lago viene svuotato e quindi è possibile osservare il paese fantasma riaffiorare in tutta la sua foggia spettrale. (foto 15) Oltre a Fabbriche il lago condannò pure i borghi del Pantane e di Piari, ma è anche giusto ricordare che alcun significativo compenso fu dato ai loro abitanti costretti ad emigrare. |
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Confluito nella strada asfaltata il GT ne segue il suo corso giungendo all’incrocio che, verso destra, permette di recarsi a visitare il paese di Vagli di sotto (m. 600), ove si trovano un monumento dedicato ai caduti della prima guerra mondiale ed il Centro espositivo di Casa Abrami, edificio di proprietà dell’Enel aperto al pubblico con mostra di documenti, oggetti, reperti archeologici ed immagini dell’Alta Valle del Serchio. Arroccato su un poggio, Vagli di sotto mostra intatta la struttura e i lineamenti originali delle sue architetture medievali, periodo che si respira intensamente girovagando fra i viottoli stretti, lungo i quali sorgono abitazioni rustiche (358 per la precisione) finemente riattate. Questa parte antica di Vagli di sotto un tempo era presidiata da mura e da torrioni, mentre le case erano ricoperte da paglia; l’uso della pietra si estese successivamente a causa dei continui incendi che imperversavano sul paese. |
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Particolarmente interessante resta comunque la chiesa di San Regolo, costruita tra il XII ed il XIII secolo, che ancora conserva tratti tipici della sua originaria costruzione. La sua facciata, in stile romano-gotico, si presenta decorata con un pregevole rosone e su di essa si apre uno dei due portali in marmo che consentono l’accesso all’edificio religioso. All’interno della chiesa è inoltre possibile ammirare un’acquasantiera del XV secolo, posta all’ingresso, ed una pregevole statua lignea, alloggiata presso il secondo altare a sinistra. Riprendendo la rotabile, si compie un largo giro oltrepassando la fresca Fontana del Popolo e cogliendo i vari aspetti del paese appena lasciato affacciati verso sud. (foto 16) Sempre sulla strada si passa accanto ad una cappelletta con bassorilievo in marmo dedicato alla Madonna datato addirittura 1684. |
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In sostanza, ci si porta a valicare l’estremità meridionale del lago per mezzo di un ponte che, lasciata a sinistra una stradina per Castagnola, conduce alle nuove case di Sant’Agostino, località che si sta da tempo formando in sostituzione del villaggio appena lasciato messo in pericolo dalle infiltrazioni acquifere. Interessanti l’omonima chiesa a due absidi dedicata a S. Agostino risalente all’XI secolo e l’antico convento delle monache agostiniane. L’antico Communis Vallis de Socto dopo essere stato amministrato dalla guelfa Camporgiano, venne inserito dal 1451 nella vicarie delle terre nuove di dominio estense. Protratta nel tempo questa dominazione si rese protagonista della creazione della famosissima Via Vandelli, inaugurata dal duca Francesco III, utilissimo collegamento fra le città di Modena e Massa. |
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Nel 1884 una tremenda epidemia di colera decimò il paese, già tristemente in conflitto con il fenomeno dell’emigrazione che anno dopo anno assottigliava sempre più il numero degli abitanti. Nel 1925, infine, Vagli subì una delle più violente spedizioni compiute dai fascisti in Garfagnana, durante la quale furono incenerite diverse abitazioni. Nulla vieta all’escursionista di interrompere qui la tappa, infatti, proprio nei pressi dell’incrocio in cui ora ci si trova, è presente una struttura ricettiva che funge da posto tappa intermedio. Da questo incrocio si va a sinistra (Via Vandelli) e si prosegue sull’asfalto finché, in località Lezza, nei pressi di alcune case, devia a sinistra uno stradello asfaltato che scende a ciò che resta di un ex centro sportivo. Prima di raggiungerlo però, proprio appena oltrepassato il Canale del Gruppo, si abbandona la strada per ricercare a destra l’antica mulattiera di collegamento fra le due frazioni di Vagli. Si tratta di un esile viottolo assai nascosto che tra la fitta ed invadente vegetazione selvatica sale leggermente ripido a confluire in una sorta di pista rurale che più avanti va a raggiungere una stradina asfaltata che dà accesso ad alcune abitazioni. Attraversata questa stradina, si ricerca quasi di fronte il seguito della pista rurale che, costeggiata da piante e rovi, prosegue la sua salita nell’erba. Attraversata un’altra pista, essa supera alcune baracche e passa sotto il volto che dà l’accesso al residuo di acciottolato che in parte permane o affiora fino al piazzale antistante la chiesa di Vagli di sopra (m. 725), (foto 17) dove si ritrova il percorso alternativo proveniente dal M. Sumbra, precedentemente descritto. |
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Detto ovviamente che anche qui è possibile chiudere la tappa, forziamo la nostra descrizione per arrivare fino a Campocatino. Da Piazza della Croce ci si porta in leggera salita fino all’imbocco di Via Campocatino, una stretta viuzza che nella parte iniziale costeggia alcune abitazioni. Assieme al segnavia 177 ci si alza su un viottolo erboso che fa il suo ingresso in un bosco misto, ove prevalgono conifere e castagni. Si tratta questa di un’antica mulattiera di transumanza, ove a tratti affiorano residui di selciato. (foto 18) Con rotta fissa a nordovest, ci si alza per andare a guadagnare la testata di un affluente del Canale del Gruppo, accompagnati dalla presenza di castagni secolari dalle notevoli dimensioni. (foto 19) Superata una cappelletta, si procede in costante salita fino ad incontrarne un’altra, al cui interno si trova una marginetta in marmo. Dopo alcune svolte ed un tratto all’aperto con salita leggermente più sostenuta, il viottolo trova il suo sbocco all’oasi bucolica di Campocatino (m. 1.000), (foto 20) villaggio pastorale che deve il suo nome all’ampio circo glaciale che caratterizza la morfologia del luogo; un nucleo creato senza turbare gli equilibri naturali, sfruttando al meglio le risorse ed i materiali reperibili sul posto. |
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Sui due cordoni morenici e particolarmente su quello meglio soleggiato, si è insediato l’antico agglomerato dei “Caselli” (piccole capanne adibite a stalla e ad abitazione temporanea costruite in pietra marmorea cementata con calce prodotta in qualche vicina “corbella”) che sopravvive da secoli grazie al tramandarsi della tradizione agro pastorale della comunità di Vagli. Al piano inferiore di questi ricoveri un tempo stavano le pecore che, con il calore emanato dal loro corpo scaldavano i pastori che risiedevano al piano superiore. La conca, dominata dalla splendida parete della Roccandagia, è formata (come già anticipato) da due costoni di origine morenica che cingono un bel prato verde chiuso da un bosco di faggi e dall’immensa pietraia accumulata ai piedi del monte. È un luogo altamente affascinante, turbato soltanto da una cappella che, seppur costruita con intenti lodevoli, è formata da ferro e vetro e stona assai con l’ambiente circostante. (foto 21) A Campocatino è possibile far tappa soltanto in due circostanze: la prima è legata al possesso di una tenda; la seconda, all’apertura dell’unica struttura ricettiva presente che a cavallo dei due secoli (XX e XXI) ha avuto alterne fortune e troppi cambi gestionali che hanno comportato continue chiusure per ristrutturazione…così dicono. Oltre al nostro GT, che corre assieme al 177 diretto al Passo della Focolaccia, a Campocatino si trova un’altra possibilità escursionistica, contrassegnata dal segnavia 147, diretta verso sud alla Cava Formignacola, passando per il santuario di San Viano. |