L’Orrido di Botri


 L’accesso al canyon

Credo che quasi tutti abbiano sentito parlare dell’ Orrido di Botri, ma credo che pochi ci siano realmente stati e che pochissimi sappiano come fare ad andarci visto che la zona è divenuta un’area naturale protetta con accessi limitati e solo con accompagnamento di guide: in questo itinerario cercheremo di spiegare dove si trova, come fare per raggiungerlo, cosa è necessario fare per poterci andare. La Riserva Naturale protetta dell’Orrido di Botri si trova in comune di Bagni di Lucca, in Val Fegana che è una vallata perpendicolare alla valle del Serchio: è noto come il canyon della Toscana in quanto si tratta di una gola rocciosa stretta e profonda, con ripide pareti calcaree. Ma prima di descriverlo spieghiamo come fare ad arrivarci: anzi tutto è necessario arrivare a Borgo a Mozzano (per chi viene da Pistoia o Firenze basta uscire al casello di Altopascio dell’Autostrada Firenze – Mare e da qui andare a Lunata, Marlia e infine a Borgo a Mozzano) percorrendo la Statale del Brennero ma prima di arrivare a Bagni di Lucca, in località Chifenti, si svolta a sinistra in direzione Garfagnana per svoltare a destra dopo pochi km. in direzione di Tereglio.


 Il canyon

Si percorre la strada per una ventina di km. oltrepassando il bivio per Tereglio e dopo poco vediamo per indicazioni (sulla sinistra) per Ponte e Gaio – Orrido di Botri. Per inciso ricordiamo che la Val Fegana e la Valle della Tagliole (in versante emiliano) sono state per secoli al centro di scontri diplomatici e militari fra i Ducati di Modena, Lucca e Toscana che ne possedevano le proprietà ma con pezzi di territorio che si insinuavano profondamente gli uni nei domini degli altri. Da qui transitava la Via del Duca (vedi itinerario per il Rondinaio da Foce a Giovo) e anche l’antica Via dei Remi (vedi itinerario per l’Alpe delle Tre Potenze). Per tornare all’Orrido possiamo dire che si tratta di una delle zone naturalistiche più apprezzate della nostra regione, con una ampio assortimento di flora e fauna: fra le piante predominano le igrofile, cioè quelle che sorgono lungo le rive dei fiumi a contatto con l’acqua, mentre fra gli animali non si può non ricordare come in questa zona, su una scoscesa parete, nidifica l’aquila reale il cui nido, se si è dotati di un buon binocolo, lo si può osservare dal panoramico bastione roccioso che si trova sulla sinistra, poco prima del Rifugio di Fontana a Troghi (vedi itinerario per Fontana a Troghi).


 Aldo attraversa il guado

Fra gli uccelli presenti ricordiamo anche il gheppio, la poiana, il falco pecchiaiolo, il merlo acquaiolo, la ballerina gialla, il culbianco, il codirosso spazzacamino, il picchio muraiolo e la rondine montana. L’Orrido è una stretta gola formatasi in seguito a movimenti tellurici, incassata fra due pareti di roccia alte anche alcune centinaia di metri e che, in alcuni punti, si avvicinano fino quasi a toccarsi, formata dall’unione di due torrenti, il rio Mariana (che scende da Foce a Giovo) e il rio Ribellino (che scende da Campolino). Dalla confluenza di questi due torrenti nasce il rio Pelago che è il corso d’acqua che scorre dentro il canyon: dove le pareti sono più strette il fondo è occupato completamente dall’acqua per cui chi lo vuole percorrere due per forza bagnarsi; uscito dalla stretta gola in località Ponte a Gaio il rio Pelago muta il suo nome in Fegana e prosegue il suo cammino fino a gettarsi nel Serchio poco più a nord di Borgo a Mozzano. L’ Orrido ha una lunghezza di circa 4 km. e ha inizio da Ponte Gaio: dopo i primi 500 metri le pareti si elevano e si restringono progressivamente fino quasi a toccarsi, formando un corridoio lungo circa cinquanta metri, il guado, occupato interamente dall’acqua.


 Giochi di luce

Le pareti, successivamente, si distanziano per restringersi dopo altri 1.500 m. dando origine al cosiddetto Solco Grande, che è lungo intorno ai 1.600 m., e termina alla confluenza del rio Ribellino e rio Mariana. Ma torniamo all’inizio dell’escursione: come detto all’inizio, l’Orrido di Botri lo si può percorrere solo se accompagnati da guide e prenotando per tempo ,per cui è doveroso fornire il numero di telefono della Cooperativa che fornisce questo servizio: Cooperativa Orrido di Botri 0583 / 800022. Inoltre l’escursione viene effettuata solo se muniti di casco che però è fornito dalla Cooperativa. Vorrei altresì precisare che l’escursione che ora è possibile fare si ferma davanti alla prima cascata (chi c’è stato sa dove si trova), io, invece, tratterò dell’itinerario completo essendoci stato alcuni anni fa quando questo era possibile; credo che ora, per farlo interamente, ci voglia un permesso speciale rilasciato dal Corpo Forestale dello Stato. Dunque da Ponte a Gaio si scende dentro il torrente e si inizia il percorso: dapprima si può anche evitare di mettere i piedi nell’acqua, saltellando qua e là sui sassi, ma dato che prima o poi è necessario entrarci, il mio consiglio è di iniziare subito a camminare dentro il torrente; dimenticavo di aggiungere che per camminare bene la miglior soluzione sarebbe quella di calzare scarpe da ginnastica senza calzini per entrare ed uscire dall’acqua tutte le volte che sia necessario.


 Ancora l’inizio del canyon

Dopo una mezz’ora di cammino si incontra il guado: è il posto più noto di tutto il percorso, perché qui le pareti giungono quasi a toccarsi e per andare avanti è assolutamente necessario entrare in acqua e camminare. L’acqua è sempre molto fredda, anche nelle stagioni più calde: quello che è importante è di venire qui solo dopo un lungo periodo che non ha piovuto in modo che il livello dell’acqua sia il più basso possibile. Attraversato piano piano il guado le pareti della gola si allargano un po’: giungiamo, quindi, alla prima cascata, fin dove arriva l’escursione guidata.. La cascata è superabile (per lo meno lo era!) grazie ad una corda posta sulla parte destra che ci permette di salire da destra a sinistra: attenzione a quando si arriva sul margine superiore perché qui si trova un profondo sifone che è molto piccolo e si può superare prestando un po’ di attenzione: camminiamo ora dentro al torrente Pelago prestando molto attenzione fino a giungere nei pressi di un’altra cascata che si può superare con difficoltà maggiori rispetto alla precedente.


 Paolo e Giovanni in un passaggio

Infatti bisogna passare sul fianco sinistro di un grosso masso posto sulla riva sinistra orografica del rio e lo si fa grazie ad una corda. Bisogna tenersi con le mani a questa corda spostandosi lateralmente con cautela e, soprattutto, puntando i piedi contro la roccia tenendoli sempre sullo stesso livello altrimenti perdendo di quota si può facilmente cadere nell’acqua, che qui è presente con un laghetto molto profondo (cinque o sei metri) come è successo al nostro caro presidente dell’U.R.S.E.A. Giovanni Mazzanti. Superata questa cascata con un po’ di difficoltà (il tratto più difficile di tutto il percorso) si prosegue dentro il torrente stando sempre molto attenti perché anche nei pochi tratti in cui si cammina fuori dall’acqua il terreno è di una scivolosità incredibile con il muschio presente dappertutto: infatti le pareti sono molto alte e ripide per cui il sole non riesce quasi mai a penetrarvi con l’umidità che, così, resta sovrana. Si incontrano poi due grossi massi, posti l’uno sopra l’altro e frutto, probabilmente di antichi sconvolgimenti tellurici: si aggiriamo sulla sinistra e proseguiamo il cammino fino a che, a circa 3 h. dalla partenza, si arriva là dove il Rio Mariana e il Rio Ribellino si uniscono dando origine al Rio Pelago.


 Il Rio Pelago

Sulla destra troviamo il Ribellino proveniente da Campolino, e sulla sinistra il Mariana, che proviene da Foce a Giovo. Il Ribellino si presenta dopo poco la confluenza con una alta cascata che è superabile solo da alpinisti esperti perché la parete di roccia è praticamente verticale, mentre il Mariana ci mostra lacune piccole cascate che terminano in pozzi profondi e bellissimi con colori fantastici; io e i miei amici ne abbiano viste alcune risalendo un po’ la stretta gola grazie ad una corda fatta passare attorno ad un albero. Da questa parte sarebbe possibile risalire la gola per uscire nel bosco nelle vicinanze del Rifugio Casentini ma questa non è una impresa facile. Bisognerebbe essere accompagnati da qualcuno che abbia un po’ di nozioni di alpinismo e che sia in grado di mettere la corda salendo a mani libere: credo però che sarebbe unna esperienza bellissima. Possiamo così intraprendere il percorso inverso che comporta circa 2,5 h di cammino per un itinerario totale di 5,5 h.