|
Questo itinerario trova il suo punto di partenza dalla Val di Luce, località che si raggiunge svoltando a sinistra lungo la Statale del Brennero quando siamo a Fardello, paese che si trova circa 3 hm. oltre il Passo dell’Abetone. |
|
E’ interessante segnalare il tratto roccioso che il sentiero CAI n. 505 incontra nel suo inizio e che presenta piccoli esempi di "marmitte dei giganti" (buche dalla forma circolare scavate nel corso dei millenni dall’azione congiunta di acqua e pietre sul letto roccioso dei torrenti). La Valle delle Pozze è stata per secoli regno incontrastato di boscaioli e pastori ed era conosciuta fino a tutto il XVII° sec. come Valle del Rio Piagnose e Piagnese ma deve la sua notorietà agli anni trenta del XX° sec. quando l’ingegnere Lapo Farinata degli Uberti, discendente di una nobile famiglia fiorentina, progettò la costruzione di alberghi, ristoranti, piste da sci, impianti di risalita, piste da bob, piscine (l’energia elettrica necessaria per far andare tutto questo sarebbe stata ricavata da un bacino artificiale la cui acqua sarebbe dovuto pervenire addirittura dal Lago Santo tramite un condotto sotterraneo che sarebbe dovuto passare anche sotto la Femminamorta) e la costruzione di una gigantesca torre sulla vetta dell’Alpe delle Tre Potenze, torre dotata di un grande faro che con la sua luce avrebbe dovuto fare pubblicità alla nuova stazione sciistica. |
|
I lavori ebbero inizio nell’estate del 1935 e procedettero spediti per alcuni anni: inizialmente la strada che si fermava a Casa Coppi fu prolungata fino a Pian d’Asprella, là dove attualmente si trova il grande parcheggio di servizio per gli impianti di risalita, e furono costruiti tre grossi edifici in "pietra a vista" ancora oggi visibili; nel 1942, a causa della guerra, i lavori furono sospesi e le costruzioni che erano state erette furono depredate e tutto il lavoro abbandonato. L’ingegnere Farinata degli Uberti morì durante il periodo bellico e gli eredi, terminata la guerra vendettero la Valle a un commerciante di legnami che a sua volta, dopo qualche anno, la passò ad una Società a capitale privato: questa società, agli inizi degli anni Sessanta, lanciò la Valle delle Pozze come importante stazione sciistica mutandone il nome in Val di Luce, toponimo con la quale è attualmente conosciuta. |
|
Un punto storico di rilevante interesse che si incontra durante il percorso è il Passo della Vecchia che attualmente si presenta come una modesta insellatura del crinale principale ma che un tempo aveva una rilevante importanza in quanto vi transitava la "Via dei remi", strada dal nome apparentemente anacronistico, tracciata a ridosso di uno dei tratti più aspri ed elevati dell’Appennino tosco – emiliano e della quale in più punti, a distanza di oltre tre secoli, è ancora evidente l’originaria massicciata. Ma che funzione aveva questa strada? E’ bene premettere che nei sec. XVI e XVII il Granducato di Toscana aveva necessità per le sue navi di lunghi remi che fossero ricavati da tronchi d’albero il più dritti possibile, di lunghezza media di 10/12 metri e di legno dotato di buona elasticità: i faggi e gli abeti di Boscolungo (con questo nome un tempo era conosciuto l’Abetone) e di Cutigliano ben si prestavano a questo scopo, ma c’era il grosso problema di come farli arrivare all’Arsenale Militare di Pisa; tenendo conto che le strade di allora erano strette e disagevoli, il sistema migliore era quello di sfruttare l’energia dei corsi d’acqua. |
|
L’unico corso d’acqua che avesse un ampio alveo e sufficiente portata era il Serchio che, dopo aver percorso l’intera Garfagnana, sfocia nel Tirreno vicino a Pisa: sorgeva però il problema di fare arrivare i tronchi a questo fiume e, considerando che i rapporti con il confinante Ducato di Lucca non erano affatto buoni, il Granducato di Toscana chiese ed ottenne dal Governo Estense (che aveva il dominio sulla Garfagnana) di poter sconfinare con una nuova strada sul suo territorio, strada che poi fu costruita. I faggi e gli abeti tagliati all’Abetone e a Cutigliano venivano allora trasportati nell’ Alta Valle del Sestaione fino ai pressi del Lago Nero e da qui faticosamente issati al Passo della Vecchia; poi, con percorso pianeggiante, la Via dei Remi transitava lungo le rive del Lago Piatto fino al Passo di Annibale per discendere quindi a Foce a Giovo. Qui la strada non poteva scendere in Val Fegana, perché questa faceva parte del territorio del Ducato di Lucca, per cui calava fin sotto al Lago Baccio da cui, rientrata nel territorio di Barga (isola di dominio fiorentino nel mezzo al Ducato lucchese) risaliva faticosamente al Passetto, modesta ma importante insellatura del crinale principale a nord – est del Monte Rondinaio. |
|
Dal Passetto la strada scendeva a Coreglia e quindi al Serchio. Questa "Vecchia Via dei Remi" venne poi sostituita nel tratto più alpestre da una "Nuova Via dei Remi" che da Foce a Giovo scendeva fino al pianoro sottostante al Lago Santo (pianoro ancora oggi non a caso chiamato "Pian dei Remi") e da qui guadagnava il Valico della Boccaia posto tra il Giovo e La Nuda , per proseguire fino alla località Colle Bruciata: il tratto compreso tra il Passo della Boccaia e Colle Bruciata è chiamato ancora oggi "Serra dei Paloni" (intesi come tronchi d’albero). Da Colle Bruciata la strada proseguiva per Barga: qui i tronchi venivano immagazzinati in un apposito capannone che è tutt’ora noto come "Arsenale dei Remi" fino a primavera quando la portata del Serchio era massima; venivano poi trasportati verso il mare su appositi zatteroni chiamati "magliate". La Via dei Remi fu usata per circa 150 anni e cessò di essere sfruttata alla fine del Settecento come attesta senza ombra di dubbio un documento datato 1791 con il quale il Granducato di Toscana cedeva in affitto al Comune di Barga il Capannone dei Remi. |
|
Escursione – La nostra escursione ha inizio a Pian d’Asprella (quota 1500 m.) immenso piazzale di servizio per gli impianti di risalita del comprensorio della Val di Luce: il nome Pian d’ Asprella trae origine da una pianta erbacea perenne dai piccoli fiori di colore rosa: l’ Aspenula odorata appartenente alla famiglia delle Rubiacee. Parcheggiata l’auto ci si incammina lungo il sentiero n. 505 del CAI di Modena: la salita è subito aspra, si svolge sempre dentro una pista da sci e ci conduce in 1 h. di cammino al Lago Piatto, quota 1823, lago d’alta quota con una circonferenza di circa 300 metri e acque poco profonde (come rivela il nome stesso). Dopo aver sostato lungo le rive del lago, procediamo a destra fino ad una piccola sella, dove si trova la stazione di arrivo di una funivia che parte dalla Val di Luce, per incontrare il sentiero di crinale 00 che seguiamo a sinistra per arrivare in vetta all’Alpe delle Tre Potenze (m. 1940) dove è posto una segnale trigonometrico; è trascorsa circa 1, 5 h. dalla partenza. L’Alpe delle Tre Potenze è così chiamata perché un tempo segnava il confine fra tre Stati: il Ducato di Lucca, il Ducato di Modena e il Granducato di Toscana: dal punto di vista orografico costituisce la testata d’angolo tra fra le Valli del Sestaione, della Fegana e delle Pozze (o di Luce). |
|
Il panorama che si gode dalla vetta è meraviglioso: possiamo osservare le Apuane, il massiccio del Giovo, il Rondinaio, il Gomito e tutte le altre vette della catena appenninica, le tre valli sopra citate e, spingendo lo sguardo verso sud la stretta gola dell’Orrido di Botri. Dopo aver sostato sulla vetta, invece di fare ritorno al Lago Piatto, seguiamo a sinistra il sentiero 00 e in circa 15 minuti arriviamo al Passo della Vecchia (m. 1800) situato tra i Denti della Vecchia e l’Alpe delle Tre Potenze dove ha termine il lungo sentiero n. 100 del C.A.I. di Pistoia che ha il suo punto di partenza addirittura nella lontana località de La Lima posta sulla statale da San Marcello P.se per l’ Abetone. Dal Passo della Vecchia scendiamo fino al bivio per il Lago Piatto, abbandonando il sentiero 00 e riprendendo il sentiero 505 che ci conduce fino a Pian d’ Asprella in Val di Luce: è trascorsa circa 1 h. da quando abbiamo lasciata la vetta dell’Alpe delle Tre Potenze; per effettuare l’intero percorso occorrono quindi circa 2, 5 h. di cammino. |
|
Le leggende dell’ Alpe delle Tre Potenze (dal libro "Storie e Leggende della montagna lucchese" di Paolo Fantozzi Edizioni Le Lettere). Abbiamo già detto come il nome di questa montagna derivi dal fatto che in passato era punto comune di confine tra il Granducato di Toscana (valle del Sestaione), il Ducato di Modena (valle delle Pozze o val di Luce) e il Ducato di Lucca (valle della Fegana) , ma diverse sono le leggende che si tramandano su questa vetta fra le quali c’ è quella del Bendormi , un lungo costone roccioso che scende dall’ Alpe nel versante lucchese ed è ben visibile dal Rifugio Casentini; c’ è chi vuole che il nome derivi dal costone stesso, il cui profilo ricorda il volto di un gigante addormentato, e chi (come si racconta a Montefegatesi), invece, vuole che derivi da Pian di Bendormi, un luogo dove si accamparono e sostarono i soldati francesi che vi aveva mandato Napoleone per impedire che gli Austriaci gli potessero tagliare la via dei rifornimenti alle spalle dopo la sua venuta in Italia. |
|
Il luogo pianeggiante dove avevano sostato e dormito i soldati dell’ esercito napolenonico prese il nome di Pian di Bendormi per specificare che vi avevano riposato con tranquillità: il posto, così chiamato ancora oggi, si trova in Val Fegana vicino a Foce a Giovo. Un’ altra leggenda riguarda il Lago Nero, specchio d’ acqua sottostante le Tre Potenze: nella memoria popolare sembra che il nome sia nato nel tempo antico quando due briganti trafugarono le pecore ad un pastore e poi lo uccisero; subito dopo trascinarono il suo corpo presso un lago e ve lo gettarono dentro, le acque del lago si fecero subito nere e il lago fu chiamato Lago Nero per la disgrazia che vi era accaduta. |